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giovedì 17 dicembre 2020

Metti un giorno di novembre a Datong


Metti un giorno di novembre a Datong. Un giorno di freddo fottuto a -10°C. Un giorno in cui nonostante tu sia più imbacuccato di un eschimese al Polo fra guanti, cuffie, cappucci e sciarpe, i cinesi riescono comunque a riconoscere che tu sia straniero e volersi fare foto con te.

Ecco, in un giorno così io sono salito sulle mura. Rischiando una finaccia peggio di Di Caprio in Titanic.

Altri 5 minuti Rose, o tutta l'eternità. C'era spazio anche per me comunque, stronza.

Risultato: gelo più totale, come avere il corpo trafitto da mille lame (cit.). Se novembre nello Shanxi è così, non oso immaginare l'inverno inoltrato. 

Ma per il bene della musica, del viaggio in sé, nonché di questo blog spumeggiante: questo e altro. Armato del mio siku decido comunque di fare un video. Anche se non c'è un cristiano temerario come me in tutti i 7.2 chilometri di muraglia. Nemmeno il servizio noleggio biciclette o quello dei buggy elettrici sono attivi. Io, le mura e il freddo. Nessun altro.

Mi arrangerò. Never gonna give you up! ♫ 

Cammina, cammina... mentre la tormenta infuria... ed ecco spuntare una pagoda all'orizzonte. Location trovata.

Prima mossa, togliere i guanti. E già lì uno dovrebbe desistere, visto che in pochi istanti cominci a perdere la sensibilità delle dita.

E invece no, provo maldestramente a sistemare la camera su un supporto stabile e isolato dalla borella che tira come nemmeno a Trieste. Estraggo il siku dalla sua custodia e cerco a spanne di rientrare nell'inquadratura.

Penso che questa sia la mia esecuzione di "Sorpresivamente" più veloce di sempre. Dolorosa, letteralmente agghiacciante, ma per questo storica.

E poi un finale tutto da gustare! E quindi... gustatevelo!


Chamampi sikuri e alla prossima, sempre su questi schermi!















...

























PICCOLO EXTRA OFFERTO SOLO PER VOI DA MONDIALCASA CON SET DI PENTOLE INCLUSO NEL PREZZO SOLO PER OGGI. IL BACKSTAGE DEI TENTATIVI FALLITI DI RIENTRARE NELL'INQUADRATURA RISCHIANDO L'IBERNAZIONE PER DIRETTISSIMA IN SEGUITO AI RIPETUTI FALLIMENTI.

BUONA VISIONE.




venerdì 27 novembre 2020

Ho suonato per il Buddha di Leshan before it was cool

Qualche settimana fa, per caso, ho beccato in tv un cartone animato della Dreamworks, dal titolo 'Il piccolo Yeti', tradotto così non si sa come da 'Abominable', ma dettagli. Molto disneyano se vogliamo. E infatti ho pensato che essendo da tanto che non guardavo un cartone disneyano, e dato il fatto che il film fosse a tema Cina, fosse il caso di dargli una possibilità.

Sono finito ai lacrimoni. Cioè, a parte i vari luoghi, paesaggi della Cina ricreati nella pellicola, da me visitati e non, ma pure la storia è di per se molto commovente.

E un po' per la storia, un po' per questa scena qua sotto, a un certo punto ero un idrante:


Leshan Buddha + storia strappalacrime aka lacrime strappastorie + Fix you dei Coldplay = FATALITY.

Ma soprattutto, mi ha fatto ricordare di come io avessi fatto qualcosa di simile senza aver ancora visto il film (Leshan Buddha che fiorisce a parte).


E poi ho aspettato. Oggi è infatti il giorno dell'anniversario della mia visita a Leshan.

È stato un anno difficile per tutti, che si appresta a finire. A suo modo ci ha insegnato molto su noi stessi e su gli altri. Spero che ne faremo tesoro e che ci possa tornare utile.

Che il 2021 possa portare a tutti noi quello che desideriamo e l'ispirazione che ci serve per sognare un domani migliore.

Chamampi sikuri! Alla prossima!


domenica 23 agosto 2020

Sorpresivamente (sikuri tutorial)


ARKA: --6----5------5------
IRA:      6---5---444----3444

ARKA: 3----33233323
IRA:      --3--------------

ARKA: ----5-----
IRA:      34---444

ARKA: ---------555
IRA:      54443------

ARKA: ----77----
IRA:      56-----56

ARKA: 33-3-3
IRA:      --4-4--   *repique

ARKA: --6----5------5------
IRA:      6---5---444----3444

ARKA: 3----333233323
IRA:      --3--------------

ARKA: ----5-----
IRA:      34---444

ARKA: ---------555
IRA:      54443------

ARKA: ----77----
IRA:      56-----56

ARKA: 33-3-3
IRA:      --4-4--   *repique

ARKA: ----333233323
IRA:      4---------------

ARKA: ----5-----
IRA:      34---444

ARKA: ---------555
IRA:      54443------

ARKA: ----77----
IRA:      56-----56

ARKA: 33-3-3
IRA:      --4-4--   *repique

ARKA: ----333233323
IRA:      4---------------

ARKA: ----5-----
IRA:      34---444

ARKA: ---------555
IRA:      54443------

ARKA: ----77-----
IRA:      56-----566

ARKA: --6---5---
IRA:      6--5---44

ARKA: -------5---
IRA:      4334---55

ARKA: -----77-----
IRA:      556-----566

ARKA: --6---5---
IRA:      6--5---44

ARKA: -------5---
IRA:      4334---55

ARKA: -----77----
IRA:      556-----56


No tienes un siku? Inténtalo con el simulador!

Simulatore di Siku




Sorpresivamente

Sorpresivamente me enamoré
de tus lindos ojos
que ayer me miraron
de tus labios rojos
que ayer me besaron

Sorpresivamente me enamoré
de tus lindos ojos
que ayer me miraron
de tus labios rojos
que ayer me besaron

Dejar de quererte, dejar de amarte
eso es imposible negra de mi alma

Dejar de quererte, dejar de amarte
eso es imposible negra de mi alma

Ay! mi morenita quiero que comprendas
este mi cariño

Ay! mi morenita quiero que comprendas
este mi cariño

Traduzione in italiano - Sorprendentemente

Sorpresivamente
mi sono innamorato
dei tuoi occhi belli
che ieri mi hanno guardato
delle tue labbra rosse
che ieri mi hanno baciato

Sorpresivamente
mi sono innamorato
dei tuoi occhi belli
che ieri mi hanno guardato
delle tue labbra rosse
che ieri mi hanno baciato

Smettere di amarti, smettere di amarti
questo è impossibile nera della mia anima

Smettere di amarti, smettere di amarti
questo è impossibile nera della mia anima

Oh! Mia brunetta voglio che tu capisca
questo mio affetto per te

Oh! Mia brunetta voglio che tu capisca
questo mio affetto per te


sabato 8 agosto 2020

Il viaggio della vita: Rapa Nui

Non mi ricordo quando sentii parlare di Rapa Nui la prima volta. In un certo senso è come se il desiderio di andarci mi avesse accompagnato tutta la vita. Quello che so è che i luoghi che preferisco visitare sono quei luoghi dove la natura e la civiltà degli esseri umani si intrecciano e diventano una cosa sola, sono quindi sempre stato attratto da templi in rovina, castelli su costiere scoscese, antiche città perdute nelle montagne. Rapa Nui si inserisce bene in questo profilo.

Ma quello che ancora di più mi affascinava e mi affascina tutt'ora di questo luogo è il suo isolamento e quanto quest'ultimo abbia finito per caratterizzare fortemente la cultura del popolo Rapa Nui, così enigmatica e indecifrabile in seguito alle vicissitudini storiche che hanno portato molte testimonianze a perdersi nel tempo.

Proprio l'isolamento inoltre, ha reso questo luogo un microcosmo. Quello che per noi è una piccola isola sperduta nell'oceano, per il popolo Rapa Nui era il centro del mondo, anzi no, dell'universo. Questo ha portato alla nascita di una cultura, di una religione, di una lingua uniche e fra di loro fortemente interconnesse.

Da amante delle lingue, culture straniere, e con il pallino dei viaggi spirituali, con questo bagaglio di sogni e speranze propongo al mio maestro di sikuri Reynaldo un viaggio a Rapa Nui. Lui aveva visto il film omonimo e da allora aveva fatto le sue ricerche, arrivando anche a leggere di teorie che affermano come i Rapa Nui possano aver avuto collegamenti con i popoli indigeni dell'oggi America Latina.

Queste teorie provengono soprattutto dal libro 'Easter Island: the mystery solved' di Thor Heyerdahl. Un archeologo norvegese che fece studi originalissimi un po' ovunque nel mondo sulle civiltà antiche, famoso anche per le sue traversate oceaniche a bordo di zattere per provare come le civiltà antiche fossero molto più interconnesse di quanto possiamo pensare.

Per saperne di più su di lui il museo Kon-Tiki di Oslo offre un'interessante lettura. Delle tante cose che potrei visitare in Norvegia un giorno, qualora decidessi di andarci, sicuramente ci sarebbe questo museo.

Ci hanno fatto anche un film!

Ad onor del vero molti dei suoi studi sono rigettati dalla storiografia ufficiale, ma avendo letto il libro e le sue teorie, oltre che conoscendo la sua storia, né le teorie, né la sua persona perdono di interesse ai miei occhi. Il processo di studio ed esplorazione con il quale giunge a determinate conclusioni sono più interessanti delle conclusioni stesse a mio giudizio.

Peraltro è notizia freschissima che ci siano tracce di antenati nativi americani nel codice genetico dei Rapa Nui, quindi la ricerca sta facendo il suo corso sulla faccenda.

Ad ogni modo, Reynaldo accetta di buon grado, anche per lui sarebbe un sogno che diventa realtà. Io ai tempi (2015) lavoravo in Germania per una compagnia aerea famosa e potevo usufruire dei biglietti staff, anche detti standby tickets. Morale della favola: paghi poco, ma parti se c'è posto.

Prenoto dunque due biglietti standby dall'8 agosto 2015 al 15 agosto 2015. Questi i voli in programma per l'andata:

8 agosto 2015. Amburgo 15.40 → Madrid 18.50.
9 agosto 2015. Madrid 00.20 → Santiago del Chile 8.50
10 agosto 2015. Santiago del Chile 9.00 → Rapa Nui 12.55.

Fate voi il conto ma a memoria ci andarono più o meno 24 ore di viaggio. Con un solo piccolissimo problema.

Adesso, Gabriele di 30 anni, parlerà con Gabriele di 25 anni alle prese con la sua prima traversata oceanica.

"GABRIELE CHE M****A STAI FACENDO??? MA TI RENDI CONTO CHE QUESTO È UN BIGLIETTO STANDBY???? SE NON BECCHI ANCHE UNA SOLA CONNESSIONE RISCHI DI MANDARE IN M***A TUTTA LA VACANZA!!!"

Perdonate i francesismi, ma apprezzate l'autocensura.

Sì, perché il volo per l'Aeroporto Mataveri di Rapa Nui, unico volo al mondo a volare sull'Isola di Pasqua, non vola ogni giorno. In quel caso se avessi perso il volo intercontinentale da Madrid a Santiago del Chile e fossi arrivato il 10, avrei dovuto aspettare il 12 per partire per Rapa Nui, mangiandomi due giorni dei cinque totali. Bella pensata, Gabri.

Chiedi più giorni di vacanza, rimandala all'anno successivo, ma pensaci bene. Come? Già prenotato tutto? Te ne pentirai.

E infatti all'imbarco ad Amburgo ci sono questi al banco che subito sembra ci godano a fartela sudare.

"Ehhh vedremo se c'è posto, sa il volo è completamente prenotato oggi... la richiameremo noi poco prima della partenza..."

Quello che penso io è: 'Ma porcoddue ma se è un Madrid Amburgo e già non ci stanno posti che speranze ho di beccare la coincidenza per Santiago?!? Posso mettere le coronarie nel bagaglio da stiva signorina?'

A 45 minuti prima della partenza riceviamo l'OK. Corsa attraverso ai controlli alla Usain Bolt, prendiamo l'aereo al volo alla Fantozzi. Ci giriamo e vediamo delle file libere.

FATEMI SCENNE CHE DEVO STACCARE LA TESTA A QUELLO AL CHECK-IN DI IBERIA! No aspè, comincia il viaggio, sei già sudato come un tricheco al polo con il surriscaldamento globale quindi mo ti siedi e dormi. E così faccio.

Arriviamo a Madrid. Riparte la tiritera. Si forma la coda di biglietti standby che pregano di essere imbarcati. Si spera che qualcuno si ricordi di avere gli yogurt in scadenza, di aver lasciato il cane in macchina, insomma che se ne vada. Scatta l'invidia sociale per chiunque dovesse imbarcarsi al posto nostro. Anche perché meglio dormire in aereo che in aeroporto.

Mancano 45 minuti alla partenza. Riceviamo la luce verde. Riparte il delirio.

Corsa, controlli, ricorsa verso l'imbarco che ovviamente è al gate più lontano possibile dall'uscita dei controlli. Ti senti Tom Hanks due volte. Corri come Forrest, hai il terrore di rimanere bloccato nel terminal come Viktor Navorski.

'ndo sta il volo per l'Alabama?

Ma questo è il bello. Quando sei sull'aereo non ti senti più un privilegiato che ha i soldi per permettersi lo spazio per le gambe, il pasto a scelta, ecc. Sei su quell'aereo quasi per miracolo, hai corso come un pazzo, sei sudato e puzzi e sei per questo odiato da quelli che invece si sono scelti il posto a sedere ed il pasto. ME LO SONO MERITATO STO VOLO QUINDI MUTI!

Arrivati a Santiago, io e Reynaldo ce la giriamo con tutto il fuso orario nella capoccia e zero ore di sonno per il sottoscritto. Si campa una volta sola. Ma abbiamo ancora il volo clou, quello per l'isola, il giorno dopo. Non si dorme niente un'altra volta, ma stavolta per la tensione.

Quando il giorno dopo la gentilissima ragazza del desk LAN mi conferma il volo, le chiedo due volte conferma, incredulo. Lei mi risponde ridendo: 'Sí señor, usted va a tomar este avión'

Scoppio in un pianto liberatorio. E sì, me lo sono meritato. Me lo sono sudato, correndo e soffrendo. Non ho nemmeno dormito. Lo Staff Travel è una delle esperienze più polarizzanti emotivamente possibili. Prendi l'aereo = gioia, perdi l'aereo = sofferenza, vagabondaggio, morte apparente.

Talmente è la sensazione di vagabondaggio, di sofferenza superata, di gioia raggiunta che sul volo LA841 metto la playlist di Eddie Vedder, la colonna sonora di Into the Wild. 'I'm Supertramp!'




Dopo aver baciato la terra, lasciato i bagagli in hotel, si va subito a cercare i Moai. Non è difficile trovarli, sono dappertutto sull'isola, anche ad Hanga Roa, ridente cittadina di 6000 abitanti.

Peraltro nota a margine, fu un viaggio baciato dalla fortuna anche dal punto di vista monetario. C'è sempre da pagare un biglietto in entrata al parco dell'Isola di Pasqua, che dovrebbe ammontare a circa 70 euro a capoccia. Ebbene, per una strana congiunzione astrale la gestione del parco era in transizione da un controllo statale a uno locale, e quindi niente pagamento del biglietto di ingresso. Sono appena arrivato e sto posto già mi piace!



Una delle cose più interessanti dei Moai è che furono scolpiti con le sembianze degli antenati della Ahu (il villaggio) e venivano sempre posizionati rivolti verso la Ahu, mai verso l'oceano. In questo modo i Rapa Nui credevano che l'energia dei loro antenati, chiamata Mana, dei Moai, avrebbe protetto il villaggio intero.

Tanti Moai sull'isola sono caduti con la faccia verso il suolo. Si pensa che nei momenti di maggiore rivalità fra diversi clan dell'isola, venissero buttati giù i Moai del clan rivale per scoraggiarlo e togliere la protezione degli antenati su quel villaggio.

Ecco un esempio di un Moai 'tumbado', a Vinapu

Quello che si scopre sono anche nuovi odori. Indescrivibili. Dovessi farne un profumo direi che è un estratto di... Isola di Pasqua. Non c'è descrizione. Tipo muschio, salsedine e pietra. Lo so che le pietre non hanno odore, ma qui sì. Sono l'ingrediente segreto.



La sera si provano i frutti di mare al pilpil. Piatto tipico dell'isola. Buono buono, bello piccantino. Si scherza anche con Reynaldo sul fatto che in base al fuso orario stiamo mangiando alle 4 di notte europee.


Il giorno dopo siamo andati al Museo Sebastian Englert, ricco di tantissimi reperti dell'isola ed informazioni. Qui sotto qualche estratto:







Focalizzandoci sulle ultime due immagini, si può notare il rongorongo. linguaggio tutt'oggi indecifrato del popolo Rapa Nui. È iscritto su una statuina che rappresenta un pesce. Osserviamo un dettaglio.


È tutt'oggi impossibile decifrare cosa sia scritto su questa tavoletta a forma di pesce, perché sono rimasti pochissimi reperti con iscrizioni in rongorongo. Si pensa addirittura non sia un vero linguaggio, ma un proto-linguaggio. Qualunque cosa sia, è un'opera d'arte. 

Nella seconda immagine (quella con i numeri) c'è il conto totale dei Moai sull'isola: 887. Di cui 397 a Rano Raraku, 288 trasportati ai villaggi e 92 ancora "transitanti".

Sì. transitanti perché è ancora sconosciuta la tecnica di trasporto dei Moai. I Rapa Nui dicono che 'camminassero da soli'. Qualche informazione in più a riguardo qui!

Nel pomeriggio abbiamo poi visitato il cratere di uno dei quattro vulcani che hanno originato l'isola, chiamato Ranu Kao, ed il vicino villaggio di Orongo.











Queste isolette che vedete nelle ultime tre foto, sono le isole Motu Iti, Motu Nui e Motu Kao Kao. Erano protagoniste del rituale del Tangata Manu, ovvero l'uomo uccello. Il rituale consisteva in una competizione di nuoto. Bisognava infatti raggiungere l'isola attraversando acque infestate da squali, prendere un uovo di uccello dall'isola, tornare indietro, scalare il cratere di Ranu Kao e portare l'uovo intatto al villaggio di Orongo. Chi ci riusciva diventava l'uomo uccello e aveva privilegi come la possibilità di lasciarsi crescere le unghie, indossare una parrucca di capelli, usufruire delle uova dell'isolotto e tanto altro. In questa maniera si rendeva omaggio al dio Makemake, che non si sa fosse un culto contemporaneo o successivo a quello degli antenati.

Tutto ciò che si sa è che un tempo gli dei erano mooooolto impegnativi da accontentare!

Scendendo da Rau Kao, siamo poi passati per a Vinapu, dove abbiamo visto i primi Moai tumbados, a terra. Da lì, visto che s'era fatta una certa ed era già tardi, abbiamo fatto autostop. Tirando dedo, come si dice in spagnolo.

Il giorno seguente è stato il grande giorno. Con un tour organizzato che sarebbe partito alle 9 avremmo visitato Ahu Tongariki, Ahu Akahanga, Ahu Te Pito Kura, Ahu Nau Nau e Rano Raraku. Io sono pronto alle 9, Reynaldo è ancora in ciabatte.

In quel momento vivevamo entrambi in Germania, si sa quanto puntuali e organizzati siano i tedeschi. Ti ci abitui. Diventa parte di te (e un po' lo era già prima). Al che dico a Reynaldo di darsi una mossa... si ferma, sorride, allarga le braccia e dice:

"Mira que aquí no estamos en Alemania!"

Non penso serva tradurre.

Il bus arriva alle 9.30. Mezz'ora di ritardo. No, non siamo in Germania. Devo ricordarmelo la prossima volta...

Prima tappa: Ahu Akahanga.





Notare come nella prima foto il 'cappello' del Moai, che si chiama pukao, sia caduto qualche metro più avanti del moai. Questo perché durante le guerre fra clan, come detto prima, uno degli stratagemmi più efficaci per demoralizzare l'avversario era togliergli l'aiuto degli antenati e la loro forza, il loro mana. Pertanto venivano buttati a terra e il cappello, il pukao, rotolava qualche metro più avanti.

Seconda tappa: Ahu Tongariki.









La storia narra di come questi moai fossero tutti tumbados un tempo. Fu una spedizione giapponese chiamata Ahu Tongariki Reconstruction Comittee che si offrì di aiutare i Rapa Nui a rimetterli in piedi in un progetto chiamato Moai Restoration Project.

In cambio, i Rapa Nui, in segno di gratitudine "prestarono" un Moai per un'esposizione, dopodiché il Moai tornò a casa. Fu pertanto soprannominato El viajero, il viaggiatore. L'unico Moai a lasciare l'isola e a tornare a casa. Non tutti i Moai hanno avuto la stessa sorte...

Dei quindici moai di Ahu Tongariki, uno solo indossa ancora il pukao.


Questo perché uno dei Rapa Nui che lavorò al restauro dei Moai, scoprì di essere discendente di quel Moai. Ogni Moai rappresenta un antenato. Decise così di completare l'opera e di fargli indossare anche il pukao.

Un aneddoto di questo luogo fu che incontrammo anche degli italiani. Gli italiani sono davvero ovunque. Andassi al polo Nord probabilmente li beccherei a chiedere indicazioni ai pinguini.

Dopo un concertino con il sikuri uno di loro si avvicina e mi chiese se fossi peruviano. Io risposi di essere italiano e Reynaldo che era peruviano. Al che lui ci chiede dove viviamo. Alla risposta 'Germania', lui si ferma, si gira verso Reynaldo e gli chiede a volume stereo:

"Ma tu che c***o ci fai in Germania?!?"

E da lì Reynaldo ogni tre per due, a random, avrebbe tirato fuori questa frase per tutta la durata del viaggio, sbellicandosi dalle risate ogni volta.

Terza tappa: Rano Raraku.







Il luogo più incantevole di tutta l'isola. E non solo dell'isola.

Questo è il cratere da cui venivano prima scolpiti e poi estratti i Moai. Spuntano come funghi dappertutto. Ti senti osservato. Il loro sguardo che scruta l'orizzonte da secoli. Il verde dell'erba. La vastità dell'oceano di fronte.

Immaginare il brulicare di persone, di famiglie, che si riunivano per scolpirli, estrarli dalla roccia e portarli al villaggio. E adesso loro sono fermi lì, dove li hanno lasciati, a scolpire nel tempo le loro storie.

Non ci sono parole per descrivere la sensazione che si prova a camminare lungo il sentiero e a vedere i Moai dappertutto.


Lui è El gigante, 21 metri, scolpito ma mai estratto dalla roccia. Ancora non si sa con certezza come abbiano fatto e quale sia stato il metodo di trasporto. Vogliamo continuare a pensare che camminassero da soli. I want to believe!


Quarta tappa: Ahu Te Pito Kura.


In questa Ahu, oltre ad uno dei Moai più grandi dell'isola, si trova l'ombelico del mondo. Nell'immagine qui sopra. Secondo la leggenda, fu portata qui da Hotu Matua, il primo ad arrivare sull'isola, e rappresenta il centro dell'universo.

Questo è uno dei luoghi più simbolici dell'isola secondo me. I Rapa Nui non sapevano granché del mondo circostante, non sapevano della sua vastità, erano molto più familiari con il cielo, le stelle, paradossalmente più vicine, più osservabili.

Il primo re di Rapa Nui Hotu Matua, prima di arrivare sull'isola vide uno spirito in sogno che profetizzò che lui avrebbe raggiunto un Paese lontano chiamato Te pito o te henua, il centro del mondo. Pertanto Rapa Nui è il mondo intero. Il mondo intero è il centro del nostro universo.

Guardando il cielo stellato di Rapa Nui, la nitidezza delle stelle, non stupisce che lo pensassero.

Quinta tappa: Ahu Nau Nau.







Questo, secondo la leggenda, è dove sbarcarono i primi Rapa Nui, guidati da Hotu Matua. Moai, tutti provvisti di pukao, e la spiaggia Anakena. La sabbia bianchissima.



Finisce così la giornata e si ritorna a Hanga Roa. Malgrado manchino ancora 3 giorni al mio compleanno... è già il mio compleanno. Sì, perché ovunque si vada, Reynaldo dirà a tutti: "Èl hoy tiene cumpleaños!"

È stato il compleanno più lungo della mia vita. Ad ogni modo sicuramente uno dei migliori. E sticazzi direte voi!




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Il giorno seguente abbiamo visitato nell'ordine: Ana Te Pahu, Ahu Akivi e Puna Pao.

Ana Te Pahu è una grotta che i Rapa Nui hanno usato come abitazione e anche come rifugio dalle spedizioni straniere in cerca di schiavi. Le spedizioni dal Perù e le malattie, ridussero la popolazione Rapa Nui a 111 persone nel 1877, qui è dove si nascondevano i reduci dai vari raid degli schiavisti.

111 persone.

I Rapa Nui provano a sorridere di questo dicendo che su quest'isola, nessuno aveva segreti. Tutti sapevano tutto di tutti.




A pochi passi dalla grotta c'è Ahu Akivi, l'unica Ahu dove i Moai sono rivolti verso il mare. Dopo tante foto, ecco qualche reperto video!


Dopo aver contemplato i Moai in lungo e in largo, ponderiamo l'idea di andare a Puna Pao. L'unico problema è che sulla mappa risulta abbastanza lontano. Ma come Reynaldo dirà per tutta la vacanza:

"Vamos a la aventura!"




Si era pure accodato un ragazzo spagnolo che abbiamo incontrato ripetutamente sull'isola. Se il mondo è piccolo, figuriamoci Rapa Nui!

Arriviamo al sito di Puna Pao, uno dei più incantevoli dell'isola. Questa è la cantera dei pukao, i tipici copricapi dei moai, ne potete vedere alcuni nelle foto.








Sta tramontando il sole, si approssima la sera, e allora è il momento di tornare ad Hanga Roa.

Ma il cammino si fa più lungo del previsto, pertanto ricorriamo al tirar dedo, l'autostop, tanto pratico sull'isola!



E ti senti il vento fra i capelli, la testa piena di ricordi, il cuore straripante di emozioni.

Non male come compleanno.

Per coronarlo, ci concediamo anche uno spettacolo serale a tema danze tradizionali. Mi chiamano anche sul palco a ballare perché ovviamente Reynaldo non aveva perso l'occasione di dire que hoy él tiene cumpleaños, con l'unica differenza che per una volta era vero!

'Anche gli orologi rotti indicano l'ora giusta due volte al giorno' dice il saggio!



Lo so che speravate in un video dove ci fossi io a ballare, ma non vi darò mai la soddisfazione di vedere le mie mosse segrete insegnatemi da Kledi.

Ma io volevo fare l'usciere!

L'ultimo giorno e mezzo sull'isola è stato più tranquillo, abbiamo esplorato Hanga Roa e dintorni, e ci siamo imbattuti in una bellissima grotta, chiamata Ana Kai Tangata.


Inoltre, sull'isola, c'è un ufficio postale che permette di porre un timbro dell'isola sul passaporto. Non so quante volte mi sono beato con amici e conoscenti del mio timbro di Rapa Nui sul passaporto.

E infine, visto che siamo inguaribili romantici, non abbiamo potuto non rendere tributo a Rapa Nui con un po' di buona musica.



E sempre in tema di inguaribile romantico, l'8 agosto non è una data casuale per pubblicare questo post.

L'8 agosto fu infatti la data in cui cominciò ufficialmente il viaggio, da quel travagliato volo ad Amburgo di cui vi ho parlato ad inizio post. 5 anni fa, come 5 furono i giorni di permanenza sull'isola.

Questo post è dunque anche un tributo a un viaggio che per me è stato della vita. Uno di quei momenti di bellezza pura, estrema, di gioia incontenibile, che sono stato fortunato abbastanza da poter vivere.

Uno di quei momenti che rimangono nella memoria e che ti suscitano incredulità. Ci sono stato davvero? Saranno stati i voli intercontinentali lunghissimi e il relativamente breve tempo di permanenza sull'isola, che davvero sembra essere stato tutto un meraviglioso sogno lungo più del solito.

Quando ripenso all'isola mi viene da tirarmi un pizzicotto come quando fai un sogno troppo bello per essere realtà.

È uno di quei momenti che ti entra talmente tanto sottopelle, che non sai se non ci vorrai tornare, perché è stato bello così e forse irripetibile, o se invece ci vorrai tornare da vecchio ottantenne ad impararti la lingua Rapanui in pensione, sempre che per allora non abbiano decifrato il rongorongo!

Uno di quei momenti a cui pensi.

Uno di quei momenti cui ripensi.

Guardando ad un orizzonte che quello no, sai non essere un sogno, sai esistere.

E sperando che scrutare all'orizzonte permetta al tuo sguardo di posarsi di nuovo sulla Grande Bellezza.

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