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martedì 4 dicembre 2018

Hoa Hakananai'a

Nel 2015 ho visitato l'Isola di Pasqua e i suoi moai. Fu un viaggio indimenticabile. Ancora oggi quando penso a quei 5 giorni (scarsi) sull'isola dopo circa 24 ore di viaggio in aereo, mi tiro pizzicotti sulle guance. Sembra essere stato solo un sogno, troppo bello per essere reale.

La storia dei moai è molto affascinante. I moai non sono semplici statue, sono dei guardiani del villaggio. Non sono neanche dei guardiani qualsiasi, sono degli antenati dei rapanuensi a guardia del villaggio.

I moai emanano un'energia chiamata dai rapanuensi mana, una forza spirituale che veglia e protegge il villaggio, a sua volta chiamato ahu.

I moai insomma rappresentano persone in carne ed ossa, e come tali vanno trattati. No, non sono pazzo. So che sono fatti di pietra, ma ciò non vuol dire che siano semplici statue da apprezzare solo per il loro valore storico e culturale.

Rappresentano persone, antenate dei rapanuensi che abitano ancora l'isola e che hanno ovviamente una forte connessione con i propri antenati in quanto definiscono la loro storia passata e in gran parte quello che sono ancora oggi.

A comprovare questa mia affermazione: moai = persona, aggiungo che quando gli esploratori occidentali chiesero ai rapanuensi come avessero fatto a spostare i moai dal cratere di Rano Raraku al villaggio, ricevettero come risposta: "I moai camminavano".

I want to believe!

E quando le persone sono in grado di camminare, spostarsi e viaggiare portano con sé le loro nuove esperienze ma anche le loro radici. I moai non sono diversi in questo. Non ci credete? Ve ne presento due dal destino opposto.


Questo moai è chiamato El viajero dai rapanuensi, ovvero "il viaggiatore". I giapponesi aiutarono i rapanuensi a rimettere in piedi i moai di Ahu Tongariki e per promuovere l'amicizia fra i popoli, i rapanuensi permisero a un moai di farsi un bel viaggio in Giappone, con biglietto di rientro però. Finita l'esposizione, il moai è infatti tornato a casa. Sayonara Nippon!




Quest'altro moai invece, si chiama Hoa Hakananai'a, "l'amico perduto" e si trova fra quattro mura al British Museum. Ho avuto la fortuna di poterlo vedere dal vivo nel 2016, di ritorno dal mio viaggio in Cambogia. Maestoso. Imponente. Bellissimo. E fuori contesto.

Eh sì, perché come dicevamo poco sopra il moai può anche viaggiare, ma esercita il suo mana a protezione del suo villaggio, nella sua terra, dove ha le sue radici.

È notizia di qualche settimana che il British Museum e una delegazione di rapanuensi abbiamo avviato i contatti al fine di riportare il moai sull'isola. Io non posso che fare il tifo affinché ciò accada. 

Nel museo dell'Isola di Pasqua P. Sebastian Englert, uno dei motti che lessi fra i tanti pannelli informativi fu: "Es una figura, pero también tiene alma"

E l'anima di questo moai, il motivo per il quale è stato concepito, è quella di proteggere la sua gente, di ricordare ai rapanuensi le proprie radici, esserne testimonianza. 

Sul tema è stato anche girato un documentario per chi fosse interessato intitolato molto evocativamente "The Kuhane o Te Tupuna", lo spirito degli antenati, qui sotto il trailer.


Torna a casa, amico perduto, che perduto non sei ancora.

Hasta la próxima e come sempre: chamampi sikuri!

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