Nel settembre del 2014 andai in vacanza in Sicilia. Ai tempi lavoravo in Germania e decisi con tutta la famiglia di tornare in quella terra, dove ogni estate, da bambino, andavo al mare.
Andarci da bambino e andarci da adulto sono però due cose differenti, soprattutto quando si va in Sicilia, si ha una diversa consapevolezza della sua storia.
Da tanto tempo infatti, avevo visto il film "I cento passi" di Marco Tullio Giordana. Il film è incentrato sulla storia di Peppino Impastato, nato in una famiglia mafiosa, ma per tutta la vita contro la mafia. Senza altre armi se non quella della sua radio, dove la lingua tagliava come una spada.
Laddove l'omertà, il familismo amorale, la corruzione intellettuale e non, imperversavano, resta ancora oggi difficile pensare che qualcuno potesse armarsi di tanta fantasia per mettere il re a nudo, avendo tutto da perderci e nulla da guadagnarci.
Quindi la differenza con i miei viaggi precedenti sta tutta qui, sole e mare possono decisamente aspettare, c'è qualcosa di più importante sulla strada dall'aeroporto di Palermo alla nostra città di destinazione: Cinisi.
Al mio arrivo, noto tante piastrelle colorate e con temi variegati a terra, solo dopo mi renderò conto di stare facendo i fatidici cento passi.
Quello è infatti il percorso indicato fra l'ex casa di Tano Badalamenti, boss mafioso della città e casa di Peppino, oggi museo in memoria dello stesso e di sua madre Felicia. Il percorso è segnalato con pietre d'inciampo a tema legalità.
E si arriva quindi all'ingresso.
Fra disegni, appunti di giornale e mobili dell'epoca, si arriva infine alla camera di Peppino.
È una stanza come tante. Il significato che assume è però sicuramente speciale, perché è una stanza dove è stata scritta una delle storie più importanti dell'antimafia. C'è dentro un vissuto in quella penombra. Quella luce fioca, filtrata dall'oscurità della stanza, mi ha fatto pensare a ciò che per me, idealizzando, è stato Peppino. Il piccolo siciliano di provincia, incosciente, il povero illuso contro la mostruosità di un fenomeno ben più grande di lui. Eppure, per quanto fosse grande l'ombra del mostro da affrontare, quella luce è filtrata, per rimanere.
Peppino è stato ucciso dalla mafia il 9 maggio '78. Non ne parlò nessuno sulle tv nazionali perché la sua morte venne oscurata da quella di Aldo Moro, ucciso barbaramente dalle Brigate Rosse.
Peppino è stato ucciso dalla mafia il 9 maggio '78. Non ne parlò nessuno sulle tv nazionali perché la sua morte venne oscurata da quella di Aldo Moro, ucciso barbaramente dalle Brigate Rosse.
Se passò sotto silenzio allora, oggi invece si può dire che il ricordo del piccolo siciliano di provincia che sfidò la mafia rimane più che mai vivo. E va mantenuto tale.
Chiedo scusa alcuni miei passaggi possono sembrare retorica, ma l'alternativa è la cronaca asettica o il minuto simbolico di silenzio, il ricordo muto. Proprio lui che muto non è stato mai. Preferisco quindi dire anche io due parole, anche stupide all'occorrenza, per onorare la sua memoria. Grazie Peppino.
E poi con quel disco di De André direi che qualcosa in comune di cui avremmo potuto parlare ce lo avevamo.
Devo ascoltarmi bene bene Tenco, Baez e The Animals, dei quali conosco solo qualche canzone o hit qua e là. Mo' mi è venuta la curiosità.
Per chi vuole approfondire, non posso esimermi dal consigliare la visione de "I cento passi", dall'ascoltare i suoi interventi a Radio Aut disponibili su Youtube, e dal fare un salto sul sito del Museo Casa Memoria Peppino e Felicia Impastato, in attesa di poterlo fare dal vivo.
È possibile anche fare una donazione, per aiutare il museo mantenere viva la memoria della storia di Peppino e la sua lotta alla malavita: l'arma più grande che abbiamo per sconfiggere quella "montagna di merda" che è la mafia.
Grazie dell'attenzione e alla prossima. Chamampi sikuri!